Nicolas Deshayes
Snails
05 giugno 2013 - 31 luglio 2013
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Comunicato Stampa
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Perché mai c’è sempre qualcosa di disgustoso in animali come i crostacei, le lumache, le tartarughe? Il vero oggetto di orrore non è la conchiglia, l’involucro privato del viscido corpo che contiene, ma il corpo “nudo”, senza il guscio. In altre parole, non è forse vero che siamo sempre spinti a percepire il guscio come troppo largo, troppo pesante, troppo consistente rispetto al corpo vivente che lo abita? Non esisterà mai un corpo che si adatti perfettamente al guscio, e inoltre, si avrà sempre la sensazione che il corpo stesso non possieda nessuno scheletro, nessuna ossatura che gli garantisca quel minimo di stabilità e di solidità necessarie: senza il suo guscio, quel corpo si rivela un’entità spugnosa e quasi del tutto priva di forma. In questi casi è come se l’inadeguatezza, la vulnerabilità di fondo, la necessità di un riparo sicuro, di un ambiente da abitare adatto agli umani, fossero proiettate sulla natura, sul regno animale. In altre parole, è come se questi animali non fossero effettivamente che dei semplici umani che si portano dietro la casa. Ma questo corpo tremulo e flaccido non è forse la perfetta immagine del reale? (Slavoj Zizek, For they know not what they do: Enjoyment as a political factor, Second Edition, Verso, 2002, p. XVII) 

 

Come sostiene Slavoj Zizek, le lumache sono esseri misteriosi; piccole creature viscide che trasportano la loro casa sulla propria schiena, dove l’interiore è anche l’esteriore siccome i loro corpi ‘nudi’ e ‘viscosi’ sono scoperti e vulnerabili al mondo. La nozione del ‘reale’ coniata dallo psicoanalista Jaques Lacan, esemplificata nei minimi termini, sostiene che non esista l’opposizione presenza-assenza e che la lumaca possa essere utilizzata come metafora per tale concezione. Questa teoria si relaziona perfettamente con la mostra di Nicolas Deshayes, intitolata appunto Snails. I suoi lavori sono un paradosso continuo: minimal e industriali; i materiali artificiali sono trasformati – o deformati – in forme organiche palpabili, come se provenissero direttamente dalla terra. 

L’esposizione comprende tre nuove tipologie di lavori: Sour Fruits (2013) è un installazione di otto sculture, estremamente contemporanee, montate a muro. Composte da alluminio anodizzato, plastica termoformata e alluminio verniciato non potrebbero risultare meno organiche o più industriali nella loro materialità. Tuttavia, come i molluschi che descrive Zizek, le opere in mostra tendono verso una combinazione paradossale di un guscio robusto ripieno di un morbido materiale corporeo che potrebbe emergere. Anche se inizialmente sembrano raffigurare primi piani di frutti o fiori o l’ossidazione naturale del rame, l’alluminio anodizzato brilla con toni di viola, azzurro e giallo – colori che si manifestano durante il processo di anodizzazione stesso. 

Sour Fruits può anche essere considerata una decorazione architettonica, fissata su binari orizzontali agganciati ai muri, come se i pannelli slittassero lungo le pareti, illustrando l’interesse di Deshayes per la produzione di massa di architetture pubbliche e funzionali. Come esseri umani, cominciamo a decomporci fin dalla nascita, i nostri corpi ospitano diversi tipi di batteri, funghi e malattie e producono escrementi di varia natura. Tuttavia, siamo igienizzati e condizionati al punto tale da disgustare e repellere gli escrementi; ci insegnano ad acquistare oggetti che puliscono, aspirano o risucchiano il nostro residuo corporeo; viviamo in un mondo morbosamente pulito, avvolto nella plastica. Quello che c’è sotto la superficie deve essere fisicamente e psicologicamente controllato e impacchettato e l’architettura in cui viviamo, in particolare le amenità, sono studiate per essere facilmente sterilizzate. Sour Fruits punta il dito verso questa questione repressa e il suo controllo: rilievi trasparenti, grumosi e vorticosi – generati dalla plastica, utilizzando macchine termoformatrici e stampi in plastica – appaiono come pelli che ricoprono le superfici, batteri invisibili che eruttano come la lava dal vulcano. 

Shimmering horizons in tantalizing tans (2013) unisce cinque sculture a terra, realizzate attraverso calchi di yams. Dipinte con diverse sfumature di marrone, queste goffe creature emergono attraverso la superficie plastica; le forme organiche ricreano figure bitorzolute, falliche che richiamano un cumulo di feci. A Londra le yams si trovano dappertutto e Deshayes ha acquistato le sue presso il Ridley Road market a Dalston, stupendo il venditore abituato a distribuirle quasi esclusivamente alle comunità afro - caraibiche del quartiere. La yam deriva da una famiglia di tuberi di verdure che cresce sottoterra e poi emerge dal suolo come se tentasse la fuga. Al contrario della fisicità delle yams, il titolo Shimmering horizons in tantalizing tans, evoca l’immagine di un miraggio nel deserto – qualcosa che è lì ma non è reale. 

Recentemente Deshayes ha iniziato a sperimentare gli stampi di alluminio, creando rilievi sculturali o architettonici come Botanique Pudique (1), (2) e (3), Grip (2013) e Snails (2013), che hanno un tocco più artigianale, quasi naïf. L’artista ha tratto la sua ispirazione da una ricerca condotta su rilievi del 19esimo e 20esimo secolo. L’indagine – unita ad un suo precedente lavoro composto da immagini di repertorio, che spesso concernono versioni semplificate o esagerate di forme e natura - ha condotto alla creazione dei rilievi tagliati della serie Botanique Pudique. Questi, seppur prodotti bruscamente, rappresentano forme naturali e romantiche come l’albero di mele, foglie, carciofi e fichi – forme naturali designate a simboleggiare la sessualità e il desiderio. Il titolo, tradotto dal francese, significa “botanica modesta” alludendo alle superfici attraverso cui è possibile vedere. Grip, un mucchio di fichi inchiodati al muro ad altezza pubica, tuttavia, è più esplicitamente sessuale e meno romantico. In contrasto Snails – stampi in alluminio di stivali da lavoro, l’unico lavoro figurativo – è installato in cima al muro, come fosse un frammento di un fregio in attesa di capitolare in testa ai visitatori.

 

La mostra Snails contrappone il mondo naturale e organico a quello industriale e artificiale. Tuttavia, il lavoro di Deshayes non sarebbe esistito in questi termini senza l’avvento di Internet. Per contestualizzare la mostra che curò, Mark Leckey scrisse un testo in cui descriveva il suo interesse per lo svanimento di oggetti della vita reale attraverso la smaterializzazione causata dalla tecnologia digitale. Contrariamente alla ‘smaterializzazione’ dell’arte nel concettualismo, l’arte creata da una generazione di artisti cresciuti con Internet e con la rivoluzione digitale è diventata più ‘materica’ che mai. Le yams di Deshayes riportano alla memoria le sculture dei minimalisti come Carl Andre, la malleabilità materiale dei post-minimalisti come Lynda Benglis, benché le pelli vuote che si vengono a creare sono – come descrive Leckey - oggetti senza ombra. La loro presenza si concretizza tramite la superficie plastica ma sotto non c’è peso o spessore – sposando una versione barocca del Post-Moderno, paragonabile ad un hotel di Las Vegas. Questi posti surreali possono essere descritti come architetture ‘trascinate’, dove le facciate di città come Parigi e Venezia vengono ricreate utilizzando materiali artificiali – esistenti solo in qualità di superfici in grado di nascondere qualunque cosa esista o non esista sotto.

 

Kathy Noble


 

Nicolas Deshayes nasce nel 1983 a Nancy, Francia. Dopo aver conseguito una laurea al Chelsea College of Art and Design ed un master al Royal College of Art, specializzandosi in Scultura, ha partecipato a diverse esposizioni ed eventi artistici in Europa e negli Stati Uniti, tra cui le recenti mostre personali presso Jonathan Viner, Londra e LISTE, Basel e  recenti mostre collettive presso la David Roberts Art Foundation, Londra ;  Wysing Art Centre, Cambridge;  Marianne Boesky Gallery, New York; James Fuentes, New York, etc. S1 Artspace, Sheffield gli dedicherà una personale durante l’estate. Il suo lavoro è incluso in importanti collezioni pubbliche e private tra cui la Saatchi Gallery, Londra. Attualmente vive e lavora a Londra.